Germany
2000 Balzan Prize for Legal History since 1500
Cosa mi ha spinto a scrivere la storia del diritto pubblico? (Italian)
Una riflessione interessante in tempi in cui la globalizzazione e i particolarismi locali pongono interrogativi sulla crisi e sul destino dello Stato
“Che cosa spinge uno a scrivere la storia del diritto pubblico?” si chiede Michael Stolleis nella breve riflessione apparsa di recente (nella rivista “Le Carte e la Storia” 2/99) a proposito del suo lavoro di storico e alla fine della monumentale Storia del diritto pubblico in Germania, opera in tre volumi (1600-1800; 1800-1914; 1914-1945, tradotta in inglese, in francese e, tra breve anche in italiano da Liguori), portata a termine in 12 anni. “In primo luogo egli vuole sapere ‘come è accaduto realmente’ (wie es eigentlich gewesen: Ranke). Io credo che questo motivo primigénio – la curiosità intellettuale di conoscere ciò che ha mosso altri uomini e quale significato essi conferirono al mondo – sia il vero agente. Certo, sappiamo anche dall’esperienza diretta come si è giunti all’attuale Stato della società industrializzata. Ma come è sorto tutto ciò che ci circonda e ci condiziona: il reticolo delle norme, la complessità delle istituzioni, i meccanismi del potere semitradotti in ordinamento da una ‘costituzione’, la quotidiana ‘lotta per il diritto’ davanti ai tribunali amministrativi e costituzionali? (…) non si tratta soltanto né principalmente della preistoria della situazione odierna, bensì di comprendere situazioni passate secondo le loro stesse premesse. La mia Storia del diritto pubblico è una storia di quanto si è pensato e scritto intorno allo ‘Stato’ o – più cautamente – intorno alla ‘comunità’, così come gli autori la vissero e così come è possibile ricostruire dai loro testi”.
Si tratta di un modo di concepire la storia del diritto diverso da quello che per molto tempo ha caratterizzato tale disciplina e che spesso si esauriva in uno studio tutto interno alla sfera giuridica, erudito, formalista, giustificativo della norma attuale, estraneo alle questioni sociali, politiche, ideologiche. Ad esso si è via via sostituita una ricostruzione del “diritto in società” di più ampio respiro, che vede nella storia della politica e del potere una delle forze motrice della storia (almeno quanto l’economia). Si tratta di una svolta fondamentale realizzatasi negli ultimi trent’anni, anche sulla scorta della “rivoluzione” metodologica che ha investito più in generale gli studi storici. Il lavoro di Stolleis risente di questa nuovo clima e lo dimostrano anche altri lavori più settoriali, che denotano però la stessa apertura di orizzonte: una riflessione storica su ragion di stato e nascita dello Stato moderno e una ricostruzione della legge sotto il nazismo.
Il tema della ragion di stato è affrontato da Stolleis in una serie di saggi raccolti nel volume Stato e ragion di stato nella prima età moderna (Bologna, Il Mulino, 1998; edizione originale 1990). Questo libro segna un grande ritorno di interesse sull’argomento a partire dagli anni ’90, dopo il lungo silenzio seguito alle interpretazioni di Meineche e di Croce. Non a caso esso è il primo dei quattro più significativi volumi sul tema analizzati e discussi nel seminario internazionale tenutosi a Torino nel 1994, a cui hanno partecipato i maggiori esperti italiani e stranieri (come E.Baldini, G.Borrelli, M.Senellart, M.Viroli, ..) e i cui atti sono ora raccolti nel volume La ragion di stato dopo Meineche e Croce. Dibattito su recenti pubblicazioni a cura di Enzo Baldini (Genova, Name, 1999).
Scrive Stolleis a commento della sua ricerca sulla ragion di stato: “Per uno storico del diritto ed un giurista europeo, lo Stato non è solamente un oggetto di lavoro quotidiano, ma anche motivo di stupore: Come è apparso il mostro della pachidermica burocrazia moderna? Come spiegare lo sviluppo del servizio pubblico? Perché lo Stato è venuto a rappresentare una parte così considerevole del Prodotto Nazionale Lordo? Come possiamo spiegare, facendo un paragone con quanto è avvenuto nel passato, che nei paesi occidentali industrializzati il “sociale” supera tutte le altre istituzioni? Ma cos’è questo “Stato”? Cosa lo mantiene unito? E’ un mero apparato coercitivo oppure lo serviamo anche volontariamente? Siamo dei patrioti della Nazione o della Costituzione? Siamo cittadini mondiali, crediamo alla rivoluzione? L’etica dei cittadini manterrà unito lo Stato, e lo Stato ha una sua propria etica? Lo storiografo che cerca di rispondere a queste domande si riallaccia all’inizio dei tempi moderni, quando è apparso ciò che oggi ammiriamo e temiamo: la burocrazia, l’apparato finanziario, il modello militare, lo Stato centralizzato che emana le leggi ed esercita l’attività di polizia. Se si approfondisce questa fase della genesi dello Stato moderno europeo, si cozza fatalmente nella celebre formula “Ragion di Stato/ raison d’Etat/ ratio status/ reason of state”.
Seguendo quelli che egli chiama “sentieri del linguaggio”, Stolleis ricostruisce l’affermarsi di questa espressione, la mette in rapporto con altre complementari come “arcana imperii” o “sovranità”. Cerca le sue occorrenze non tanto (o non solo) nelle riflessioni dei grandi pensatori ma nella trattatistica delle opere didascaliche sul buon governo, nella stira, nella canzone, nei pamphlet, nel teatro dell’epoca… Si approfondiscono così le principali questioni connesse alla formazione del paradigma statale agli inizi dell’età moderna; la nascita dei funzionari statali e le loro virtù; la divisione religiosa e le sue conseguenze. Si mostra la fortissima resistenza contro un modo di intendere l’azione politica sottratto alla morale, ma anche l’ambivalenza dell’espressione “ragion di Stato”, la sua “necessità” nel momento in cui nasceva l’entità “Stato”: “…la ragion di Stato – scrive Stolleis – venne utilizzata dal moderno stato territoriale come principio rivoluzionario per forzare il diritto. In ciò essa fu uno strumento atto a oltrepassare confini precostituiti, a demolire antichi conglomerati giuridici, a scavalcare gli stati e a confiscare terreni, magari per costruire strade e fortezze motivate dalla Ragion di Stato (‘necessitas’). Bisognerebbe insomma chiedersi se la Ragion di Stato non fosse un concetto utile a emancipare il pensiero dalla soggezione della Chiesa e di altre autorità, questione che andrebbe discussa nei particolari”.
Buona parte della ricostruzione sulla ragion di stato si riferisce alla storia dell’espressione in Germania. Stolleis vuole mostrare l’originalità del pensiero tedesco rispetto alle numerose correnti che in Europa hanno contribuito alla nascita della moderna razionalità politica. Ma c’è anche un’altra preoccupazione più “attuale”. Come nota Michel Sennerlart (traduttore francese di Stolleis e suo commentatore): “… in Germania, questa razionalità (politica) poggia sull’oblio della propria storia ed è questo oblio, secondo Stolleis, che genera problemi. impedisce di vedere i legami reali che, al di là della rivoluzione liberale, collegano lo stato moderno allo Stato amministrativo di Polizia, autoritario e burocratico, concepito dagli scrittori politici e dai giuristi tedeschi del secolo XVII e XVIII”.
La stessa esigenza di vedere chiaro nel proprio passato, anche recente, si può leggere dietro la pubblicazione dell’altro volume di Stolleis La legge sotto la svastica: studi di storia legale nella Germania nazista (edizione tedesca 1994, traduzione inglese 1998). Il libro esamina l’evoluzione della storia legale, della teoria e della sua pratica nella Germania nazista, ponendo particolare attenzione al suo impatto sulla Repubblica Federale e sulla professione legale. Fino alla fine degli anni ’60 – nota Stolleis – gli storici del sistema giuridico nazista erano per lo più giudici e funzionari provenienti da quel regime. Di qui il loro rigetto ad analizzare la storia legale e l’idea che la legge non possa essere inquinata dalla politica. Stolleis fa parte di una più giovane generazione di storici(è nato nel 1941) ben intenzionata a confrontarsi onestamente con il passato del proprio paese. Egli analizza vari ambiti legislativi – costituzionale, giudiziario, agrario, amministrativo, civile, economico – e trova che tutti fossero in qualche modo influenzati dall’ideologia del nazionalsocialismo.
(ottobre 2000)