Finlande
Prix Balzan 2000 pour les sciences écologiques
Ilkka Hanski: l’uomo che contava le farfalle (italien)
Il censimento delle farfalle nelle isole Åland alla ricerca di nuove risposte sulla dinamiche di conservazione e di estinzione di una popolazione animale
A 47 anni Ilkka Hanski, finlandese, è considerato uno di maggiori studiosi di ecologia delle popolazioni. Passati gli anni della giovinezza a collezionare insetti, deve ora buona parte della sua notorietà ad una farfalla: la Melitaea cinxia. La Melitaea è una farfalla estinta in Finlandia (e in buona parte del Nord Europa) già dal 1970, ma che sopravvive ancora nelle isole Åland. La particolarità di queste bellissime isole – situate nel Mar Baltico, tra la Svezia e la Finlandia – è quella di costituire per la loro natura un ambiente molto frammentato. In un’area di 50 Km per 70 si distribuiscono una miriade di isolotti di diverse dimensioni, dove l’insieme dei prati, con i cespugli preferiti dalla Melitaea per deporre le uova, disegnano una sorta di « patchwork »: tanti habitat di piccole dimensioni, isolati gli uni dagli altri. Hanski ne ha contati circa 1600.
Considerando che sempre più la « civiltà » costringe le specie in un ambiente di questo tipo, le isole Åland si sono rivelate per Hanski e il suo gruppo un laboratorio naturale dove sviluppare, a partire dal 1991, il loro progetto di ricerca: lo studio delle dinamiche di una popolazione su larga scala, in un ambiente frammentato. Si è trattato di un vero e proprio censimento di tutte le farfalle dell’arcipelago (all’incirca dalle 10.000 alle 30.000 unità). O, più precisamente, del controllo e dello studio di tutte le « popolazioni locali » di farfalle: piccole comunità che vivono separate tra loro in uno dei 1600 habitat possibili. Nel loro insieme queste popolazioni locali costituiscono una grande popolazione, una popolazione di popolazioni, o, con una sola parola, una metapopolazione. Scopo della ricerca: confrontare le dinamiche locali (nascite, morti, estinzioni, variazioni numeriche delle farfalle e loro cause) con quella globale.
Si tratta di uno dei pochissime casi, nell’ambito dell’ecologia delle popolazioni, in cui una ricerca è stata condotta su così larga scala (circa 1500 Km²). Studi che affrontano le medesime problematiche (la risposta di popolazioni ad un ambiente frammentato) considerano al massimo una trentina di « frammenti di habitat », su spazi di una cinquantina di metri, per la durata di meno di una generazione. L’ambiente delle Åland, dove i prati separano centinaia di fattorie o di piccoli villaggi connessi da un reticolo di stradine, ha sicuramente favorito questo tipo di ricerca, che per sua natura è molto difficoltoso. Lo stesso si può dire per il particolare ciclo di vita delle farfalle. Una femmina si accoppia una sola volta, in primavera, e depone parecchi gruppi di uova sotto le foglie più basse di due tipi di cespugli. Dopo alcuni giorni le uova si schiudono e le larve intessono una ragnatela attorno ad esse in grado di spostarsi nel suo insieme (lasciando una traccia) se una pianta perde le foglie. Sempre assieme, le larve si trasformano e passano l’inverno in un bozzolo per uscire con i primi tepori e raggiungere lo stadio di pupa a maggio. Sono proprio le abitudini gregarie delle larve a facilitare il conteggio delle popolazioni locali, che viene fatto appunto a questo stadio, nella tarda estate.
Le osservazioni mostrano che le popolazioni locali di farfalle sono per lo più molto piccole, con solo pochi gruppi larvali, e proprio per questo anche la più larga di esse corre un rischio sostanziale di estinzione. Eppure la popolazione nel suo insieme, vale a dire la metapopolazione, persiste nel tempo. Se le piccole popolazioni locali si estinguono con estrema facilità, tutta la popolazione nel suo insieme dovrebbe correre lo stesso rischio. Ma ciò non avviene. Come spiegare questo apparente paradosso? La risposta sta nell’esistenza di processi riscontrabili non a livello della singola popolazione, ma a livello di interazione tra le popolazioni e con l’ambiente, cioè a livello di metapopolazione. Si tratta di fenomeni come le migrazioni (lo spostamento di individui da una popolazione all’altra), l’esistenza di habitat vuoti e la loro colonizzazione da parte di individui dispersi, l’asincronismo con cui i processi locali di estinzione avvengono… Il delicato equilibrio della sopravvivenza generale viene raggiunto quando, in media, un egual numero di estinzioni e di colonizzazioni si verifica nel corso di un anno. Si tratta di fenomeni che la classica ecologia delle popolazioni non ha particolarmente approfondito e che invece si rivelano fondamentali per capire le modalità con cui una specie si estingue o riesce a sopravvivere nel suo insieme. Soprattutto in un ambiente frammentato come quello che sempre più caratterizza la vita di molte specie.
L’importanza di Hanski nel campo degli studi ecologici sta proprio nell’aver sostenuto e documentato con forza l’importanza di un livello di analisi che andasse oltre quello di popolazione: il livello della metapopolazione. Il concetto in realtà era già stato introdotto nel 1969 da Richard Levins, assieme a quello di popolazione locale, ma non ha avuto una particolare fortuna fino a tutti gli anni ottanta. A partire dagli anni novanta invece, è diventato rapidamente un termine di gran moda in ecologia e negli studi sulla conservazione della specie e il tasso di pubblicazioni su questo soggetto è continuato a crescere. Nel 1997 lo stesso Hanski ha curato con Michael Gilpin un volume antologico che documenta bene lo sviluppo della ricerca in questo settore (Metapopulation Biology: Ecology, Genetcs and Evolution, Academic Press). Più recentemente ha realizzato un vero e proprio textbook sull’argomento: Metapopulation Ecology, Oxford University Press, 1999. Un volume che presenta – oltre ad una sintesi delle ricerche, delle teorie, dei modelli – i risultati di quella che è per ora la più compiuta ricerca sul campo nell’ambito della metapopolazione, quella della Melitaea cinxia nelle isole Åland.
(ottobre 2000)