Pakistan/India
Premio Balzan 2000 per l'umanità, la pace e la fratellanza fra i popoli
Abdul Sattar Edhi a Milano: discorso di Tehmina Durrani – 17.11.2000
Signor Sindaco di Milano, Signor Presidente della Fondazione Balzan,
Signor Abdul Sattar Edhi, Signore e Signori,
As salam alaikum.
Vorrei ringraziare la Fondazione Balzan per l’apprezzamento dimostrato nei confronti delle mie iniziative così contrastate nel processo di evoluzione delle donne musulmane e soprattutto per avermi dato la possibilità di parlare di un percorso che, secondo me, è l’unica via percorribile per raggiungere la pace nel mondo.
Ma, innanzitutto, farò una breve introduzione che riguarda proprio me stessa, poiché, conoscendo la mia storia, sarà più facile capire perché mi preme parlare del tema di cui intendo occuparmi oggi.
My Feudal Lord e Blasphemy – Schiava di mio marito e Empietà, in italiano – sono i miei primi due libri. Sono entrambe storie vere che parlano di donne sposate e costrette in un sistema feudale oppressivo, le quali conducono una guerra personale contro la discriminazione sessuale. Una di queste donne sono io.
Anche se credevo di essere una donna sola, in lotta con una famiglia, una società, una tradizione, nonché con secoli di condizionamento, molto presto scoprii di non essere un caso isolato, bensì di rappresentare tutte le donne.
Questa esperienza è il mio biglietto da visita.
L’esperienza di appartenere a una classe oppressa, a una parte della società che non si può ribellare, a una condizione che non mi potevo gettare alle spalle quando me ne sono staccata di cui mi sono da allora voluta liberare.
E poiché la politica è il mezzo più comune per servire il proprio popolo, in Schiava di mio marito – oltre a mettere in luce le responsabilità del mio ex-marito, un uomo politico – ho cercato di risvegliare la coscienza di tutti i dipendenti pubblici chiedendo loro di unirsi al mio sciopero della fame che è durato sette giorni nel 1993.
Nel 1999 la richiesta che io feci e che era solo una voce solitaria, divenne un vero e proprio tumulto.
Comunque, durante il processo di responsabilizzazione, mi sono resa conto che né io, né altri che agivano sulla scena politica, avevamo capito quale fosse il problema principale della gente; quindi suggerire delle soluzioni ai loro problemi era senza senso, e noi non ne eravamo all’altezza.
Mi resi altresì conto dell’importanza di conservare le risorse che mi ero procurata grazie alle mie lotte: il coraggio e la libertà di parola. Ambedue, pensai, sarebbero venute meno se le avessi cedute a un qualsiasi potere politico esistente.
Fu presto chiaro che la politica non mi forniva alcuna possibilità di servire il mio popolo, e la necessità di comprendere i problemi più gravi della gente mi aprì la strada che poi mi condusse ad Abdul Sattar Edhi. Un uomo che molti considerano un semplice assistente sociale.
Io gli attribuisco la funzione di modello di comportamento per tutto il mondo.
Con lui ho fatto il grande salto che mi ha portata dall’altra parte della barricata, la parte dove vivono le persone e non quella dove si crogiola la classe di chi comanda.
L’impegno pratico nel lavoro con Edhi è una cosa naturale per chiunque gli si trovi vicino. Lavare cadaveri e coprire bare, passare intere giornate tra le macerie di un palazzo crollato, in centri per malati mentali o orfanotrofi, costituì anche per me parte integrante del lavoro di stesura della sua autobiografia A Mirror to the Blind (“Uno specchio per il cieco”).
Questo libro fu, quindi, il risultato della mia ricerca della verità.
Scavai profondamente per trovare le motivazioni e l’ispirazione che guidavano quest’uomo/ uno degli esempi più autentici dell’Islam. Condussi delle ricerche e studiai la filosofia personale di un uomo che aveva dedicato la sua esistenza a uno scopo ben preciso. Un uomo che non si era concesso un solo giorno di vacanza in tutta la sua vita. Un uomo che parlava dei prossimi cento anni, invece che dei prossimi due.
Un uomo che aveva ideato, creato e sostenuto una rete di aiuti che copriva una nazione in lungo e in largo, cosa in cui avevano fallito altre istituzioni. Un uomo che, pur privo di istruzione, influenza e potere, lavorava senza tregua per trasformare un paese del Terzo Mondo in uno stato capace di garantire una condizione di vita dignitosa per tutti; un modello che i paesi in via di sviluppo avrebbero potuto adottare a basso costo e con alto profitto.
Schiava di mio marito è stato tradotto in 35 lingue e Empietà sta seguendo lo stesso corso, mentre A Mirror to the Blind è stato pubblicato solamente in Pakistan dalla Edhi Foundation.
Attraverso questi esempi possiamo osservare una tendenza a livello mondiale.
Mentre la letteratura che parla dei “buoni” è sotterrata sotto un velo di fremiti ed eccitazione perversa, i personaggi simili a quelli di Schiava di mio marito e Empietà attraggono un pubblico entusiasta di lettori.
Questa ignoranza a livello planetario – una pericolosa strada che l’intera umanità sta imboccando – necessita di un esame più approfondito. Noi tutti sappiamo che tanto il secolo scorso è stato dedicato alla crescita a livello scientifico e tecnologico, quanto l’evoluzione spirituale della razza umana è stata trascurata.
Mentre gli stati belligeranti, gli esplosivi nucleari facilmente procurabili, il terrorismo, la distruzione dell’ambiente, l’analfabetismo e la sovrappopolazione costituiscono una minaccia per il mondo che supera i confini nazionali, uno scontro tra le varie civiltà è ormai imminente.
Oggi, ogni musulmano viene percepito come una minaccia e ogni persona bianca si sente una preda. Tutto ciò malgrado il fatto che, oggi più che mai, i musulmani, i cristiani e gli ebrei vivono gli uni a fianco degli altri e che i loro figli frequentino le stesse scuole.
Oggi, gli eroi dell’Islam sono tutti combattenti della fede e la Jihad è il loro credo.
L’attivismo di questi militanti ha assunto una posizione di primo piano nell’Islam. La Jihad è ai massimi gradi di popolarità. Le guerre sante vanno di moda. Mentre l’immigrazione dei musulmani ha raggiunto il suo massimo storico e le conversioni all’Islam, il loro picco più alto.
Non è del tutto improbabile, pertanto, che squadre di bombe umane possano esplodere nel cuore delle città di tutto il mondo, nei grandi magazzini, cinema, mercati e parchi.
Ecco perché il mondo musulmano, oggi più che mai, non può più essere fronteggiato; deve essere integrato.
Per i paesi occidentali che devono confrontarsi con un’equazione tanto complessa quanto quella musulmana, è diventata necessaria una comprensione approfondita di quella religione.
In questo periodo di fraintendimenti, informazioni sbagliate e comunicazioni erronee tra i popoli del mondo, non si arriverà mai a enfatizzare abbastanza l’importanza del messaggio e della vita di Abdul Sattar Edhi, un uomo del nostro tempo, il cui esempio renderà possibile distinguere tra il vero Islam e i preconcetti legati a esso. Altrimenti, privi di un parallelo attuale, di un esempio vivente, sembrerà impossibile comprendere l’altra faccia dell’Islam. Perlomeno, essa non è stata capita sino ad ora.
Secondo me eleggere Edhi a modello di comportamento dell’Islam per il ventunesimo secolo è il modo più efficace per risvegliare il popolo musulmano e scoprire l’altra faccia, quella più gentile, dell’Islam.
Quella che è rimasta in letargo mentre i combattenti della fede sono cresciuti a ritmo sostenuto.
L’interpretazione dell’Islam offertaci da Edhi, umanitaria piuttosto che belligerante, è la via più rapida, semplice e forse l’unica attualmente disponibile per promuovere la pace tra i musulmani di tutto il mondo e i popoli dei paesi occidentali.
Scevra di rituali e dogmi, Edhi ha professato la sua fede vivendola come un libro aperto agli uomini che lo volevano studiare. In questo modo, egli offre una vecchia direttiva in una nuova versione: una direttiva che può pacare gli animi e modificare la posizione dei musulmani nei confronti dei loro fratelli e sorelle dei paesi occidentali.
Quando i musulmani capiranno la vita e il messaggio di Edhi, imboccheranno la via umanitaria invece di arruolarsi nelle file dei combattenti.
Quando l’ambiente diverrà congeniale alla benevolenza, l’impulso a combattere diventerà una contraddizione. In un ambiente che darà la priorità ai diritti umani, ci saranno sempre meno musulmani soldati e con la pistola, e sempre più islamici armati di compassione e pronti ad aiutare gli altri.
Ma solo se i musulmani avranno questa possibilità di scelta.
Le nazioni che cercano un modo per promuovere la pace nel mondo devono aiutare il mondo islamico a riconoscere questa scelta.
I musulmani che desiderano vivere in un clima di pace devono poter scegliere tra la Jihad per la filantropia piuttosto che la Jihad per l’egemonia, tra la via della bontà e dell’umanità piuttosto che la via della militanza.
Chi vuole partecipare alle guerre sante deve avere la possibilità di scegliere tra la guerra che porta alla benevolenza e la guerra che porta solo sangue. Chi desidera contribuire alla crescita e alla prosperità dell’Islam dovrebbe potere scegliere tra la visione ristretta della distruzione e gli ampi orizzonti della pace universale.
Edhi ci fornisce questa possibilità di scelta.
La scelta di un modello di comportamento che è presente tra la gente, non uno che la maggior parte non può potrebbe imitare.
Poiché la maggior parte dei musulmani è, purtroppo, analfabeta, un esempio di impegno e perseveranza che viene dagli emarginati renderà possibile la realizzazione di grandi ideali e li libererà dal regno delle illusioni.
Proprio come l’impegno per uno scopo ben preciso ha sopperito alla mancanza di un’istruzione nel caso di Edhi, questo può diventare una realtà per tutti.
Gli ostacoli che si trovano ad affrontare le donne nel raggiungere una giustizia sociale diminuiranno sensibilmente quando la società musulmana sarà influenzata dalla filosofia di Edhi. Le leggi radicali che riguardano le donne verranno viste con uno spirito di umanità e non di rabbia e paura. Il sostegno di Bilquis al marito rappresenta, secondo Edhi, il 70% del suo successo. Questo equilibrio tra i sessi è la direzione che seguiranno i musulmani del ventunesimo secolo se ascolteranno Edhi.
Somministrare il farmaco giusto al momento giusto è nelle mani di chi conosce la cura. Costruire ponti è nelle mani di chi sa che cosa costruire.
La comprensione della vita e del messaggio di Edhi non sarà mai sottolineato a sufficienza e non può essere sminuito.
E cito Edhi nella sua autobiografia A Mirror to the Blind: “Mentre il significato più profondo del Corano può essere interpretato facilmente attraverso la vita dei musulmani, i discepoli dell’Islam hanno abbandonato la sua essenza.
Ne ho tratto la conclusione che questo è il vero punto di partenza. Ma come potevo insegnare l’Islam alle persone? Non ero uno studioso di religione e, per di più, come potevo promuovere l’umanitarismo se i musulmani non comprendevano il messaggio del Corano? Le due cose erano strettamente interrelate.
La sua essenza non era raggiungibile neppure tramite parole e spiegazioni, scritti e proclamazioni, khutba e dibattiti.
L’essenza stava nell’esempio.
Io ho interpretato il messaggio con il mio modo di vivere. Ho fornito un esempio personale della pratica dell’Islam e questo, un giorno, diventerà la sua interpretazione più semplic…Ma è stato un viaggio durato tutta una vita.”
Prima di chiudere, vorrei dire che Edhi ha ora fatto il suo viaggio. E spero che se ciò che prima ho detto non verrà frainteso, noi possiamo ancora muoverci verso nuove alternative e guidare il popolo del nostro pianeta verso l’armonia, l’amore e la pace.
Per questo motivo, riflettere e investire sulla vita e sul messaggio di Edhi è tanto una nostra necessità, quanto vostra.