Brasile
Antônio Augusto Cançado Trindade
Premio Balzan 2020 per diritti umani
Discorso di ringraziamento – Roma, 18.11.2021 (video + testo)
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Signor Presidente
Membri della Fondazione Balzan
Signore e signori,
Sono profondamente onorato di essere stato insignito del Premio Balzan per i diritti umani. La storia stessa della Fondazione Balzan testimonia che l’aspirazione umana ai diritti fondamentali non conosce confini e che la ricerca della pace è uno sforzo intergenerazionale. Questi due elementi della condizione umana – l’aspirazione ai diritti e il perseguimento della pace – si trovano alla base dei miei scritti incentrati su un nuovo approccio alla teoria giuridica internazionale.
L’approccio che ho applicato sia nella mia vita accademica che in quella professionale sfida i presupposti attuali, stato-centrici, di questa disciplina. Attingendo alla filosofia occidentale, alla letteratura e agli insegnamenti dei padri fondatori del diritto internazionale, ho posto gli individui, le comunità e l’umanità nel suo complesso al di sopra di quei concetti stato-centrici che tuttora ostacolano la realizzazione della giustizia.
Consentitemi di fornirvi alcuni esempi.
Le norme sulla giurisdizione dei tribunali internazionali sono spesso scritte o interpretate in modo restrittivo. Qualche tempo fa, in qualità di giudice della corte interamericana dei diritti umani, ho sollecitato modifiche alle regole procedurali per consentire l’accesso ai singoli cittadini e non solo agli Stati o alle organizzazioni internazionali, come era in precedenza stabilito, a tutte le fasi di un caso controverso. Come giudice dell’Aia ho poi difeso un’interpretazione delle disposizioni giuridiche che tenga conto veramente dell’oggetto e della natura dei trattati sui diritti umani e che non sia, invece, solo una lettura testuale che non consideri i diritti individuali messi in gioco.
L’interpretazione giuridica dovrebbe anche affrontare in modo efficace le preoccupazioni dell’umanità nel suo complesso; questo ho sostenuto con forza davanti alla corte internazionale di giustizia, quando si trattava di questioni come le armi nucleari. In una serie di casi, ho sostenuto che le regole di ammissibilità che emergono dalle nuove interpretazioni dei trattati non dovrebbero avere la precedenza sulla serie di decisioni e trattati multilaterali che hanno rivelato per decenni un’opinione juris communis sull’imperativo del disarmo nucleare.
Un altro esempio di questo nuovo approccio al diritto internazionale può essere trovato nella sfera delle responsabilità di uno Stato. Ho sempre sostenuto, sia presso la Corte interamericana che presso quella internazionale, la nozione di “responsabilità aggravata” dello Stato nei casi di gravi violazioni dei diritti umani. Ciò significa che la responsabilità dovrebbe avere la precedenza su regole quali l’immunità dello Stato o le prescrizioni. Ho inoltre sostenuto che i risarcimenti, in casi che comportano gravi violazioni del diritto internazionale, dovrebbero essere decisi dai tribunali internazionali in tempi ragionevoli, tenendo presente non tanto la suscettibilità dello Stato quanto la necessità di alleviare la sofferenza umana.
Ultima questione, ma non certo meno importante: una legge internazionale per l’umanità richiede una rivalutazione delle fonti stesse del diritto. Le teorie convenzionali danno troppo peso al diritto dei trattati, mentre tendono a trascurare i principi generali. Attribuisco una notevole importanza ai principi, senza i quali non esisterebbe un ordinamento giuridico internazionale. Il principio di umanità è un esempio calzante: è la base di quelle che chiamiamo norme perentorie, o ius cogens; nessuno Stato può revocarle attraverso nuovi trattati. Nelle mie opinioni personali, all’Aia ho sostenuto il riconoscimento di queste norme nei casi di gravi violazioni dei diritti umani.
Queste sono solo alcune implicazioni pratiche di quello che ho definito “un diritto internazionale per l’umanità”. Si tratta di un ordinamento legale a cui tutti abbiamo diritto che sostiene la ragione umana sulla ragione di Stato.
Sono consapevole che si tratta di uno sforzo intergenerazionale, forse interminabile. Spetta a ciascuno di noi cercare risposte alle sfide dei nostri tempi. Oggi sono fiducioso che questo mio premio Balzan incoraggerà ulteriormente le giovani generazioni di studiosi di diritto a partecipare a questo sforzo.