Un paradigma per la comprensione delle piante – Roma, 23.11.2006 Forum
USA - USA/Canada
Elliot Meyerowitz e Christopher Somerville
Premio Balzan 2006 per la genetica molecolare delle piante
Per i risultati ottenuti nel promuovere Arabidopsis come organismo modello per la genetica molecolare delle piante. L’uso di Arabidopsis ha avuto implicazioni di amplissima portata, sia nella ricerca di base che nelle potenziali applicazioni, per la scienza dei vegetali.
“Per condurre un esperimento c’è bisogno di una pianta, di un vaso da fiori con della terra e di una domanda.„ (Karl von Goebel, citato in F.E. Lloyd, Fisiologia delle piante 10, 206 – 1935).
Le piante hanno una importanza fondamentale per la vita e il benessere dell’uomo, non solo come alimento, ma anche come fonte di molti dei materiali da costruzione, delle fibre, tessuti, tinture, prodotti farmaceutici, dei fiori e persino dell’ossigeno che respiriamo. A ben guardare, gran parte di ciò che consideriamo “la natura” è costituito da comunità di vegetali. È pertanto degno di nota quanto ancora ci resti da imparare sulla biologia di base delle piante, in confronto alla maggior parte degli altri tipi di organismi. Anche se la ricerca di nuove piante è stata un tempo la scintilla che ha ispirato tanti esploratori, nella seconda metà del secolo scorso la ricerca di base sulla biologia delle piante è stata invece trascurata. Oggi, nelle scuole e nelle università del mondo sviluppato, allo studio delle piante è accordata un’attenzione sporadica. Negli Stati Uniti, soltanto l’1% circa dei fondi destinati a ricercatori appartenenti alla comunità scientifica dei biologi è destinata allo studio dei vegetali. Di conseguenza, apprezziamo enormemente il riconoscimento dato dalla Fondazione Balzan all’importanza del nostro campo di studi: la genetica molecolare delle piante.
Condividiamo il Premio Balzan 2006 per aver sviluppato un progetto sperimentale che ha facilitato notevolmente l’acquisizione di conoscenze sulla maggior parte degli aspetti caratteristici della crescita e dello sviluppo delle piante. Il progetto è organizzato intorno all’idea di concentrare un forte investimento scientifico su un singolo organismo modello, scelto con attenzione e rappresentativo di un gran numero di altri organismi. L’aspettativa è che, comprendendo in profondità l’organismo modello, vengano rese più facili le indagini successive o parallele su tutti gli altri organismi dello stesso tipo. Poiché le piante da fiore si sono evolute da un antenato comune solo intorno a 150 milioni anni fa, tutte le 250 mila specie di piante da fiore sono imparentate molto strettamente e condividono un corredo comune di geni. Siamo stati fra i primi, di un piccolo numero di scienziati, a usare come campione una piccola specie di senape denominata Arabidopsis thaliana, che è divenuta oggi la pianta sperimentale più utilizzata.
Quando abbiamo cominciato a lavorare con l’Arabidopsis, circa venticinque anni fa, si conosceva relativamente poco sui geni e sulle proteine eucariotiche. La maggior parte dei biologi delle piante effettuavano gli esperimenti su vegetali interessanti per il loro valore agroalimentare, o per una determinata caratteristica utile a un tipo specifico di esperimenti. Nessuna pianta era stata mai scelta solamente per la sua utilità come organismo modello. Noi, entrambi, ci eravamo formati su altri aspetti della biologia (la genetica dell’E-coli e della Drosofila), dove l’importanza degli organismi modello era ben nota. Quindi, quando ci siamo interessati alla biologia vegetale, verso la fine degli anni Settanta, ci siamo orientati all’idea di sviluppare una pianta modello. Abbiamo puntato sull’Arabidopsis in modo indipendente perché gli esperimenti preliminari, compiuti da George Redei ed altri, indicavano che essa aveva tutte le proprietà desiderabili in una pianta modello. In particolare era piccola, facile da sviluppare, autofecondante, diploide e con un ciclo vitale breve. Inoltre era imparentata strettamente con molti dei più importanti vegetali alimentari esistenti sulla terra. Inizialmente abbiamo cominciato a condividere aspetti tecnici, come effettuare studi genetici di base con l’Arabidopsis ma, scoprendo che avevamo valori ed obiettivi comuni, abbiamo cominciato presto a lavorare insieme per far progredire il settore di studi.
I nostri contributi allo sviluppo della comunità scientifica dell’Arabidopsis vanno in parecchie direzioni. In primo luogo, abbiamo usato l’Arabidopsis per fare una serie di scoperte sullo sviluppo delle piante e sulla loro biochimica. Le nostre circa quattrocento pubblicazioni forniscono esempi compiuti utilizzabili dalla comunità scientifica; molti colleghi sono stati incoraggiati ad adottare l’Arabidopsis perché, come noi ed altri abbiamo mostrato, essa ha consentito un progresso più rapido rispetto a quello ottenibile con altri sistemi sperimentali. Poi, abbiamo formato insieme quasi centocinquanta allievi laureati, post-dottorato, visiting scientist, che hanno portato il contributo delle loro capacità in istituzioni di tutto il mondo, nelle quali essi hanno continuato a lavorare con l’Arabidopsis. Abbiamo incoraggiato i nostri allievi e post-dottorato a prendere con sé i loro progetti quando hanno lasciato i nostri laboratori, facilitando il loro successo seguente, e la lista dei nostri ex studenti e post-dottorato include molti dei giovani botanici più eminenti. In terzo luogo, abbiamo investito molto tempo e impegno nella creazione dell’infrastruttura scientifica. Abbiamo partecipato all’organizzazione di meeting scientifici, alla pubblicazione di nuovi periodici, allo sviluppo di sistemi di comunicazione via internet, all’istituzione di stock center, alla redazione di rapporti per i centri di finanziamento in tutto il mondo, alla compilazione di database ed alla allocazione dei fondi governativi per il sostegno alla ricerca. Abbiamo iniziato lo sviluppo di mappature genetiche, popolazioni mutagenizzate, clonoteche, indagini a largo raggio delle sequenze del DNA ed infine abbiamo costituito il comitato internazionale che ha curato la scrittura della sequenza completa del genoma dell’Arabidopsis.
Come conseguenza del nostro lavoro e di quello di molti altri scienziati e coordinatori con le stesse idee, la comunità dei ricercatori sull’Arabidopsis ha vissuto un”‘età dell’oro” delle scoperte nella biologia delle piante. Problemi che erano rimasti insoluti per decenni hanno cominciato a cedere il passo all’applicazione dei moderni metodi della biologia molecolare e cellulare. La formula di questo successo era concettualmente semplice: isolare una mutazione che condiziona il processo o la struttura che interessa, clonare il gene, scoprire dove e quando si manifesta, dove il prodotto del gene è localizzato, cosa fa e con che cosa interagisce, direttamente o indirettamente. Questo metodo, iniziato per la verità negli anni Novanta, ha condotto a modelli molecolari dettagliati del fiore, della radice e dello sviluppo dell’embrione, poi a una comprensione a livello molecolare della sintesi e della percezione degli ormoni delle piante, ha portato a capire i meccanismi di tolleranza dello stress biotico e abiotico e ad una comprensione dettagliata dei ritmi circadiani, del comportamento del cromosoma, della cromatina e di molti aspetti del metabolismo e della biologia della cellula. Molti dei problemi classici di biologia delle piante sono stati così risolti.
Inoltre, nel 2000 la sequenza del genoma dell’Arabidopsis è stata completata ad un livello molto alto di esattezza di scrittura, facendo di questo il primo genoma conosciuto di una pianta ed una delle prime sequenze conosciute di genoma di eucariota. Questa risorsa, come tutte le altre, è stata resa immediatamente e liberamente disponibile a tutti i ricercatori ed ha direttamente portato a un’altra serie di avanzamenti nella comprensione della struttura e dello sviluppo del cromosoma, così come a un fortissimo cambio di ritmo nelle scoperte genetiche. Queste risorse hanno “democratizzato” la ricerca di base nella biologia delle piante perché hanno ridotto le difficoltà tecniche connesse alla realizzazione di manipolazioni genetiche complesse dell’Arabidopsis ed hanno reso la conoscenza liberamente accessibile. Pertanto, anche i piccoli laboratori, ora, possono intraprendere esperimenti che precedentemente erano possibili soltanto in un ristretto numero di laboratori dotati di risorse consistenti. Naturalmente, non possiamo prenderci da soli il merito di tutto questo progresso, nel modo più assoluto. Un certo numero di colleghi hanno contribuito in molti e importanti modi. In particolare agli inizi, quando l’Arabidopsis si stava imponendo come sistema modello, ci sono stati i contributi decisivi di Fred Ausubel, Michel Caboche, Joanne Chory, Ron Davis, Caroline Dean, Liz Dennis, Joe Ecker, Ken Feldman, Gerry Fink, Dick Flavell, Howard Goodman, Maarten Koornneef, Dave Meinke, Marc van Montagu, Jim Peacock, Shauna Somerville e molti altri. È stata una fortuna per la biologia delle piante che un certo numero di amministratori di finanziamenti alla ricerca, in tutto il mondo, abbiano capito il potenziale dell’Arabidopsis già nella sua fase iniziale e abbiano offerto sostegno sia finanziario che amministrativo non solo per i singoli progetti di ricerca, ma anche per i workshop e per gli strumenti utili all’intera comunità di studiosi, come gli stock center, i database ed i progetti di EST. Alcuni degli amministratori statunitensi che meritano una menzione speciale a tale riguardo sono Machi Dilworth, Delill Nasse e Mary Clutter del National Science Foundation, Bob Rabson e Greg Dilworth del Dipartimento per l’energia. Étienne Magnien della Commissione delle Comunità Europee, Direzione generale di Biologia, ha svolto un ruolo altrettanto influente in Europa.
In generale, il risultato dell’introduzione di Arabidopsis thaliana come sistema modello per la biologia vegetale e l’adozione di questo modello da parte di centinaia di laboratori di ricerca in tutto il mondo, è stato un enorme passo in avanti nostra conoscenza delle piante, compresa la comprensione dei meccanismi molecolari di divisione delle cellule vegetali e della comunicazione cellula-cellula nello sviluppo e nella risposta agli agenti patogeni. Molto è stato appreso, inoltre, sulle interazioni delle piante con il loro ambiente. E un sogno si è avverato, lo studio di una piccola e umile “erbaccia” nei laboratori dell’università ci ha insegnato cose indispensabili lo sviluppo dell’agricoltura e oggi il lavoro sull’Arabidopsis serve come base per molti dei moderni progressi nelle delle rese dei raccolti. La direzione intrapresa nella definizione dell’Arabidopsis come sistema modello per tutte le piante è servita altresì come modello per sviluppare conoscenze e risorse necessarie a molti altri vegetali, quali il riso, il mais, il pioppo, il pomodoro, la soia e l’erba medica, che ora possono tutte contare, a loro volta, su progetti attivi e riusciti sul genoma.
Tuttavia, c’è ancora molto da fare. A livello di scienza fondamentale siamo ad un bivio, in cui la quantità di informazioni che abbiamo ottenuto è così grande che nessuna persona singola può “interiorizzarla”. La struttura e la capacità di codificazione della proteina di ciascuno dei quasi trentamila geni dell’Arabidopsis è conosciuta, ma i geni sono soltanto una lista di componenti, senza le istruzioni di assemblaggio. Funzionano soltanto nel contesto di cellule incredibilmente complesse, con membrane, organelli, strutture dinamiche della proteina e sentieri metabolici che devono essere al loro posto affinchè le informazioni genomiche possano essere interpretate e utilizzate. E in una pianta di Arabidopsis, come in ogni organismo multicellulare complesso, ci sono centinaia di migliaia di cellule, ciascuna comunicante con quelle vicine per mezzo di segnali a corto raggio, quali la comunicazione diretta con il plasmodesmata e la comunicazione locale con i piccoli peptici leganti e le chinasi del recettore transmembrana. Ciascuna cellula, inoltre, è collegata alle più distanti con i segnali degli ormoni standard delle piante e dei metaboliti, come gli zuccheri, che trasportano informazioni attraverso tutto il vegetale. Abbiamo bisogno di un cambiamento fondamentale nel modo di trattare queste informazioni. Il nostro contributo e quello dei nostri colleghi nel mondo dell’Arabidopsis, è stato quello di accelerare ed organizzare la raccolta di dati sui meccanismi molecolari delle piante. Ora è tempo di accelerare ed organizzare la raccolta di queste informazioni sviluppando un’infrastruttura matematica e di calcolo che permetterà consistenti apporti di informazioni specifiche sulle piante a livello atomico, molecolare, di organello, di cellula e dell’intera pianta, da integrare in modelli di funzionamento che possano condurre a specifiche previsioni sperimentali. Prevediamo che una futura generazione di biologi avrà accesso ad una “pianta virtuale” nella quale un computer integrerà le informazioni molecolari dettagliate per creare la simulazione dinamica di una pianta durante tutto il suo ciclo vitale. Riconosciamo che una visione siffatta sembra, attualmente, poco realistica. Tuttavia, una delle cose che abbiamo imparato negli ultimi venticinque anni è l’importanza di porsi obiettivi apparentemente impossibili come stimolo alla creatività e all’ambizione scientifica.
L’adozione diffusa dell’Arabidopsis come organismo modello, inoltre, ha conseguenze importanti ed attuali nell’agricoltura, nella silvicoltura e nel settore energetico. L’incremento continuo della popolazione umana continuerà a esercitare pressione sulle risorse naturali del mondo. I progressi nei settori dell’allevamento e dell’agronomia, la rivoluzione verde, che hanno salvato centinaia di milioni di vite ed hanno risparmiato miliardi di ettari di terreno dalla conversione all’agricoltura, avranno bisogno di essere estesi tramite l’applicazione razionale di conoscenza al miglioramento delle piante. Gli strumenti utili alle scoperte che sono stati messi in atto dall’adozione dell’Arabidopsis sono la risorsa basilare per la seconda rivoluzione di verde, che è ora in corso. Le scoperte in relazione ai fondamenti dell’acquisizione e dell’immagazzinamento di minerali da parte dei vegetali vengono usate per sviluppare piante che consentiranno di affrontare il più grande problema per la salute di quasi un miliardo di esseri umani. Parallelamente, i progressi nella comprensione del metabolismo delle vitamine nelle piante, della tolleranza ai parassiti e agli agenti patogeni, dello stress da salinità e siccità, della fruttificazione e dei processi di crescita di base, permetteranno il miglioramento sia della quantità che della qualità nutrizionale degli alimenti più importanti per l’umanità. Come dispositivi naturali di stoccaggio di energia solare, le piante possono anche essere una fonte importante di energia, neutrale rispetto alle emissioni di anidride carbonica, necessaria per l’industria e l’agricoltura del futuro. Stiamo usando grandi quantità di combustibili fossili per fornire l’energia necessaria per far crescere e trasportare i nostri alimenti, e questi combustibili sono non solo una risorsa limitata, ma anche la fonte principale dell’anidride carbonica che si sta accumulando nell’atmosfera e sta provocando il riscaldamento del globo. Ci troviamo così in una spirale in cui il combustibile fossile è necessario per le coltivazioni, ma il suo consumo sta modificando l’atmosfera ed il clima su cui i nostri sistemi agricoli sono basati. I progressi nella conoscenza di base della crescita e dello sviluppo delle piante offrono una delle poche opzioni disponibili per interrompere la nostra dipendenza dai combustibili fossili e sviluppare le fonti sostenibili e rinnovabili di energia senza emissioni. Riteniamo che a queste sfide si possa rispondere con l’applicazione costante della scienza e della tecnologia.
La nostra esperienza nella creazione e nella mobilitazione della comunità scientifica dell’Arabidopsis è la prova tangibile che un consistente numero di scienziati si può organizzare per perseguire una visione comune, che attraversi i confini nazionali e le diversità di opinioni e di interessi. È nostra speranza che altri scienziati siano incoraggiati dalle nostre esperienze ad andare oltre la gestione di un singolo laboratorio e ad impegnarsi a incoraggiare e facilitare il lavoro di più gruppi di colleghi, in modo da condurre un’azione collettiva sui principali problemi teorici e applicativi, che richiedono un impegno su base comunitaria.