USA
Premio Balzan 2001 per la storia dell'architettura
Discorso di ringraziamento – Berna, 09.11.2001
Signora Ministro,
Membri della Fondazione Balzan,
Membri del Comitato Generale Premi,
Signore e Signori,
Essere con voi in questa occasione è un onore che mi piace immaginare sia stato conferito non solo a me, ma anche a tutti quei professori e colleghi che ho avuto il privilegio di conoscere e che mi hanno guidato durante gli anni di studio e anche negli anni successivi.
Da studente ho avuto la fortuna di avere come guida dei mentori eccezionali: il primo di loro, Henri Focillon, era un grande artista della parola parlata, che non solo sapeva infondere vita nello studio di edifici antichi – che non avevamo mai visto – ma era anche capace di leggerli come esempi del pensiero e della sensibilità medievali. L’incontro con Focillon spostò i miei interessi dall’ambizione di essere architetto a quella di essere storico e critico dell’architettura; mi trasferii alla New York University dove si era costituita una brillante facoltà con studiosi tedeschi emigrati in America dopo che i nazisti li avevano privati del loro lavoro. Fui particolarmente affascinato da Richard Krautheimer e Erwin Panofsky, che portarono nel Nuovo Mondo un approccio che si potrebbe definire uno strutturalismo della sovrastruttura, intrecciando le arti del passato con la cultura, l’ideologia e la filosofia dell’epoca.
Solo più tardi i critici post marxisti, mettendo in evidenza i fattori economici, politici e sociali, si affermarono in America. Penso che i miei professori, così stimolanti, trovandosi di fronte alla freschezza e al candore degli studenti americani verso le implicazioni teoriche e filosofiche, ebbero paura di contaminarci con quella sottigliezza degli europei che, nel loro paese, non era riuscita a impedire la diffusione della barbarie. Questo clima ci rinchiuse in un semplice positivismo che ha a lungo caratterizzato il metodo anglo-americano della storia dell’arte.
Dopo aver cominciato a insegnare e aver capito quanto era difficile integrare la mia reazione all’individualità e alla presenza fisica dell’oggetto con un’interpretazione penetrante, divenni più conscio della necessità di studiare gli assunti ideologici che sottendono alla scelta di un soggetto e al suo approccio, e questa percezione si rafforzò verso la fine dei tumultuosi anni 60. Ciò fu messo a fuoco anche da un altro insegnante, Manfredo Tafuri, di vent’anni più giovane di me, il quale, unico fra i più innovativi e filosofici storici dell’architettura del secolo scorso, univa una grande capacità di penetrare le motivazioni ideologiche dei committenti e degli artisti con una rigorosa integrità di metodo e con uno stupefacente impegno nella ricerca delle fonti, arricchendo l’analisi di ogni costruzione attraverso l’articolazione delle sue esperienze visive e la sensibilità alla creatività individuale dell’artista.
Negli ultimi vent’anni gli studi umanistici hanno perso il sostegno dei governi e l’interesse degli studenti, soprattutto nel mio paese. Ciò nonostante, l’importanza della comprensione critica delle creazioni e delle imprese umane che gli studi umanistici instillano è sempre tanto più grande quanto più il mondo sprofonda nel disordine e nei conflitti. L’impegno della Fondazione Balzan per lo studio e per l’insegnamento delle arti umanistiche – in particolare per l’incoraggiamento dei giovani ricercatori – è un aiuto determinante per poter arrestarne il declino. Ringrazio la Fondazione per questo sostegno, per l’onore di cui ci fa oggetto e per la sua generosa liberalità.