Paesi Bassi
Premio Balzan 1984 per l'astrofisica
Discorso di ringraziamento – Roma, 15.11.1984
Signor Presidente, Eccellenza,
Signori membri della Fondazione Balzan,
Signori ospiti,
l’essere stato scelto come destinatario del magnifico premio conferito dalla vostra Fondazione è un grandissimo onore. Il piacere di riceverlo è particolarmente intenso per il fatto che esso proviene dall’Italia, il paese ove Galileo dette il proprio grande contributo alla nostra visione della vastità del mondo in cui viviamo, ed ove attualmente l’astronomia ha fatto così notevoli progressi da collocare il paese all’avanguardia della ricerca astronomica.
Durante gli ultimi venti anni si sono creati forti vincoli fra gli astronomi italiani e quelli olandesi, dovuti al fatto che intere serie piuttosto simili di radiotelescopi sono state costruite presso Bologna e nel Westerbork, nel Nord delI’Olanda. Tali strumenti erano di un unico nuovo tipo. Nei primi tempi dei nostri telescopi Westerbork, abbiamo approfittato della grande esperienza acquisita dagli astronomi italiani con i loro strumenti simili ai nostri. Da allora non è mai trascorso un mese senza la presenza di astronomi italiani nell’osservatorio di Leida. Nell’occasione di un alto riconoscimento, si è naturalmente portati a richiamarsi col pensiero alle fonti del proprio interesse scientifico. La principale ispirazione mi è indubbiamente venuta dal Professor J.C. Kapteyn di Groninga, il quale fu uno dei primi esploratori del Sistema della Via Lattea. Sono stati anche il suo modo di pensare e la maniera con cui insisteva sull’importanza di “vedere attraverso” le cose che hanno permeato lo stile del mio lavoro e di tutti coloro che hanno studiato con lui.
Durante il XIX secolo, l’astronomia è stata per lo più limitata allo studio del sistema solare, dei movimenti dei pianeti e dei loro satelliti. Kapteyn si volse verso un campo decisamente nuovo. Quando arrivai a Groninga, nel 1917, le sue mappe relative alla nostra Galassia erano ancora di gran lunga incomplete. Come studente ero particolarmente assillato dall’interrogativo se fosse in definitiva stato possibile studiare le orbite delle stelle nella Galassia alla stregua delle orbite dei pianeti nel sistema solare. Le difficoltà parevano notevolissime, perché, mentre i pianeti girano in periodi di anni, i tempi di rivoluzione nella Galassia debbono essere dell’ordine di centinaia di milioni di anni.
Dieci anni dopo, per una circostanza fortunata, scoprii alcune peculiarità nei movimenti delle stelle distanti, le quali dimostravano in modo convincente che esse stavano realizzando orbite quasi circolari intorno ad un centro lontano, in modo assai analogo a quello con cui i pianeti girano intorno al sole. Si scoprì successivamente che il centro si trovava a grande distanza, molto lontano dal sistema di stelle che Kapteyn ed i suoi collaboratori avevano individuato. La scoperta consentì nuove osservazioni nelle dinamiche e nella struttura della Galassia. L’esplorazione della nostra Galassia è molto condizionata da nubi di gas e da particelle di polvere stellare, le quali ostruiscono completamente la vista delle sue parti più remote. In realtà non più di una piccola percentuale del sottile disco galattico era accessibile alle osservazioni ottiche. Interi nuovi orizzonti furono dischiusi dopo la guerra con l’avvento della radioastronomia e la scoperta, ad opera di van de Hulst, della cosiddetta linea 21-cm emessa dagli atomi dell’idrogeno. Con l’interesse che hanno dedicato al Sistema della Via Lattea, gli astronomi olandesi sono stati i pionieri nella scoperta, mediante i radiotelescopi, di nuove parti della Galassia.
Sebbene infinitamente grande nel contesto umano, il Sistema della Via Lattea è soltanto una piccola isola nell’Universo. Pochi anni fa, il mio lavoro mi ha portato a studiare tappe successive nella gerarchia dell’Universo confinanti con le più grandi strutture discernibili e le loro evoluzioni nell’andare del tempo. E mi chiedo se questo lavoro incontrerebbe l’approvazione del mio vecchio professore, così connesso com’è ad elementi speculativi. E mi conforta, a questo proposito, l’osservazione di Browning: «Ma gli obbiettivi dell’uomo debbono essere più lunghi delle sue braccia, altrimenti a che cosa serve il cielo?».
Più ancora che in altre scienze, gran parte della ricerca in astronomia è un lavoro di gruppo che abbraccia tutta la terra. Il mondo degli astronomi è come una famiglia fortemente unita. Sono lieto di essere uno dei suoi nonni. Sono stato felice come astronomo. Ma la maggiore felicità è venuta dalla mia famiglia e, più di ogni cosa, da mia moglie.
Infine, desidero esprimere la mia profonda e sentita gratitudine verso i componenti la Fondazione Balzan per la loro fiducia ispiratrice nelle mie esplorazioni, e verso gli amici e i colleghi italiani che sono venuti a partecipare alla gioia della scoperta di un tesoro.