Discorso di ringraziamento – Berna, 19.11.1993

Francia

Jean Leclant

Premio Balzan 1993 per l'arte e l'archeologia dell’antichità

Egittologo di primo piano a livello internazionale, Jean Leclant ha effettuato scavi e scoperte fondamentali a Saqqara e in altri siti, nonché in Sudan e in Etiopia, documentati in approfondite ed esaurienti relazioni. Ha esteso le sue indagini a tutta la civiltà dell’Egitto antico, dalle origini alla decadenza, nonché alla sua diffusione nel mondo mediterraneo, come mostrano in specie i suoi studi su Cipro.

Signor Consigliere Federale,
Signor Presidente e Signori membri del Consiglio e ciel Comitato della Fondazione Internazionale Balzan,
Signore e Signori:

Decidendo di attribuirmi il premio dedicato quest’anno all’”Arte e archeologia dell’antichità” e rendendomi il grande onore di aggiungere il mio nome alla lista tanto prestigiosa dei suoi laureati, la Fondazione Internazionale Balzan ha voluto sicuramente sottolineare la sua considerazione verso un dominio di ricerche che poggia su una delle maggiori componenti della nostra cultura. Vorrei pregare, a nome mio personale e a nome delle nostre discipline di erudizione, gli eminenti studiosi che decidono i destinatari dei premi della Fondazione, di accettare il tributo della mia riconoscenza.
Nel nostro secolo, ove occorre affrontare così tanti problemi, ove il futuro è così minacciato, i nostri contemporanei si rivolgono con predilezione verso le grandi realizzazioni del passato, cercando nei capolavori ivi conservati una sorta di consolazione, chiedendo a questo ritorno alle origini un pegno di speranza. E certamente, per meglio affrontare l’avvenire, per meglio discernere le possibilità che si offrono a noi, conviene sapere da dove veniamo: rivolti al futuro, occorre senza dubbio prima prendere coscienza del passato: “il futuro è un regalo che ci dona il passato”, diceva André Malraux, donde l’importanza degli studi consacrati ad una migliore conoscenza dell’”Arte e Archeologia dell’Antichità” in seno a ciò che dovrebbero essere le preoccupazioni di un umanesimo riflettuto.
La scelta della Fondazione Internazionale Balzan è rivolta ad un egittologo, uno specialista dell’antica civilizzazione dei Faraoni. E così, per l’egittologia tutta intera, è una rara testimonianza di stima essere designato come l’esempio in seno a così numerose discipline di studio del passato e dell’orientalismo. Un passato di più di tre millenni e mezzo – la più lunga storia del mondo senza dubbio, con quella della Cina –, di monumenti prestigiosi, di innumerevoli vestigia della vita quotidiana, di epigrafi di vario genere che caratterizzano la vallata del Nilo. All’ammirazione si mescola la curiosità: dai tempi più antichi, questa civiltà così originale non ha cessato di apparire misteriosa. Ma in realtà essa si è aperta allo studio scientifico e critico nel settembre 1822, con Jean-François Champollion, che per una geniale intuizione fondata su una grande base di conoscenze, ha fornito chiavi di lettura dei geroglifici e ha anche di fatto restituito all’umanità molti millenni del suo passato.
Sulla scia di questo illustre maestro, dovrei senza dubbio perorare davanti a voi la causa dell’erudizione, le sue gioie e i suoi vincoli. Nella prospettiva della funzione di memoria, presupposto di ogni condotta umanistica, l’erudizione è l’ancella, ma anche la padrona irrecusabile. Erede di antiche tradizioni che risalgono di certo fino agli scribi dell’antico Egitto, il cui sguardo vigile continua ad imporsi a noi attraverso i capolavori della valle del Nilo, depositaria anche del sapere dei monaci delle abbazie medievali, custode dei testi e dei simboli, il dotto ha un ruolo sociale al quale non saprebbe sottrarsi. Non può né deve rinchiudersi nella sua torre d’avorio. Uomo di passione, spinto dalle sue curiosità, il dotto lavora senza sosta a contatto con tecniche costantemente aggiornate; egli non può che trarre vantaggio dal fatto di essere cosciente dei problemi attuali: il suo dovere è quello di risvegliare, in un immenso pubblico che potrebbe sentirsi escluso, l’interesse verso una cultura attiva. Per un uomo di scienza, esiste forse un miglior adempimento che, tramite il suo insegnamento, rendere partecipe altri dei frutti della sua ricerca?
È in funzione di questi imperativi che proseguirò il mio compito essenzialmente in due direzioni. Prima di tutto, cercando nello stesso terreno i materiali necessari all’elaborazione storica, continuerò, dal doppio punto di vista dell’archeologia propriamente detta e della filologia, ad animare in Egitto, a Saqqara, e in Sudan, a Sedeinga, i nostri cantieri di scavi. A Saqqara vicino alla piramide del Faraone Pépi I, sovrano della metà della VI dinastia (verso il 2300 prima della nostra era), abbiamo potuto evidenziare in questi ultimi anni le sepolture delle sue regine, finora totalmente sconosciute: Noubounet e Iati, le cui immagini seducenti sono risorte davanti a noi; si delineano già alla nostra attenzione altre strutture che bisognerà sgomberare. In Sudan, si tratta di una vastissima necropoli provinciale del grande impero meroitico risalente ad un periodo vicino all’era cristiana; le scritte funebri, in una grafia sommaria, attendono ancora di essere decifrate. D’altra parte occorre vigilare sui ritmi delle pubblicazioni: quelle dei nuovi Testi delle Piramidi raccolti nel corso di una trentina di campagne, vasto insieme di formule di resurrezione, tra le più antiche dell’umanità, e quelle della Raccolta di Epigrafia Meroitica.
E’ così che, con la doppia gioia di scoprire e di far conoscere, ripartirò avendo espresso alla Fondazione Internazionale Balzan la mia immensa gratitudine, ringraziandola anche di avere, nel modo più solenne, consacrato qui l’importanza che si riserva, attualmente, ai vastissimi domini dell’”Arte e Archeologia dell’antichità”.

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