Regno Unito
Premio Balzan 2000 per l'antichità classica
La questione dei rapporti tra la filosofia greca e Oriente – ottobre 2000
Formatosi alla grande tradizione classicistica di Oxford, dove all’University College è stato lettore di materie classiche dal 1960 al 1974, ed avendo insegnato come professore di greco al Royal Holloway and Bedford New College di Londra (1974-1991) e poi nella stessa Oxford, dove tuttora opera nell’All Souls College, Martin Litchfield West (Londra 1937) è uno fra i più autorevoli filologi classici del nostro tempo. Con grande rigore ha curato l’edizione critica di alcune fra le opere più importanti della cultura greca. L’elenco è prestigioso: la Teogonia, i Fragmenta e le Opere e i Giorni di Esiodo; i poeti lirici, i poemi orfici e, recentemente, l’Oreste di Euripide e tutte le tragedie di Eschilo. Il suo volume Critica del testo e tecnica dell’edizione (tradotto in Italia da Epos società editrice di Palermo nel 1991) è da una ventina d’anni il manuale su cui si formano tutti gli studenti di filologia classica.
È quindi da filologo che ha affrontato in Early Greek Philosophy and the Orient (pubblicato dalla Oxford University Press nel 1971 e tradotto in Italia da Il Mulino nel 1993) una delle questioni che è oggetto di discussione da almeno due secoli: il problema dei rapporti tra la filosofia greca e l’Oriente e quindi il problema della sua “originalità”. Innanzitutto, come impone l’habitus filologico, West si è accuratamente preparato al tema assicurandosi la conoscenza delle lingue orientali arcaiche: egiziana, accadica, ebraica, avestana, pahlavi e sanscrita, oltre ad altre di importanza minore, si è inoltre avvalso della consulenza dei maggiori orientalisti inglesi. In secondo luogo, come impone la moralità del filologo (che persegue nella ricerca una sorta di “oblio di se stesso”) ha affrontato la questione senza alcun pregiudizio ideologico.
E in effetti il problema della originalità del pensiero filosofico greco sembra fatto apposta alimentare una contrapposizione di principio tra “occidentalismo” e “terzomondismo”. Seguendo il modello “ariano” si tende a negare ogni dipendenza della filosofia greca dalle culture afro-asiatiche per presentarla come unica e vera madre della civiltà occidentale. Seguendo il modello “antico” la cultura greca deriverebbe in particolare da quella egiziana. La tesi di West è in equilibrio tra questi opposti proprio perché retta da rigorose argomentazioni scientifiche. Egli sostiene un’influenza dell’Oriente sulla filosofia greca circoscritta però a un determinato periodo e a determinati autori, e comunque tale da non negare l’originalità della filosofia greca e soprattutto mantiene netta nella sua trattazione la distinzione tra filosofia e religione, “fisiologia” e “religione”, scienza e mito. Inoltre egli contrasta l’importanza esagerata attribuita da molti storici della filosofia ai singoli pensatori, importanza che è frutto di una sopravvalutazione della loro originalità e della loro creatività, la quale impedisce di scorgere il tessuto comune sottostante ai singoli sistemi.
Nel mondo spirituale greco, governato dalla libertà e dalla bellezza, tracce d’Oriente (cosmologia iranica, indiana, ebraica, influssi babilonesi ed egizi) si ritrovano, ad esempio, in Ferecide e nella sua concezione del tempo, nell’idea del fiume che avvolge la terra come un serpente, nell’immagine dell’albero della vita, nella teoria della trasmigrazione delle anime. In Anassimandro e nell’idea dell’infinito come negazione di ogni limite. In Anassimene e nella sua dottrina dell’aria. In Parmenide nel dualismo luce-ombre. E infine in Eraclito, nella teoria dell’unità degli opposti e nella famosa dottrina della “guerra madre di tutte le cose”. Materiali di origine religiosa e mitologia che – come illustra puntualmente West – la filosofia greca seppe assimilare e integrare nel suo progetto razionale di spiegazione della realtà, senza che venissero meno i tratti della sua prestigiosa e potente originalità.
(ottobre 2000)