Discorso di ringraziamento – Berna, 23.11.2007

Francia

Michel Zink

Premio Balzan 2007 per la letteratura europea (1000-1500)

Per i suoi fondamentali contributi alla comprensione della letteratura francese e occitanica del Medioevo, capitolo decisivo nella formazione della letteratura europea moderna; per la sua reinterpretazione del rapporto tra letteratura medievale e moderna; per le sue iniziative pionieristiche volte a riportare la letteratura del Medioevo nella memoria culturale della Francia e dell’Europa.


Signor Consigliere Federale,
Membri dei Consigli e del Comitato Generale Premi,
Signore e Signori,
 
Il Premio Balzan è come il Regno dei Cieli. Procura la beatitudine. I poveri peccatori vi sono ammessi in compagnia dei santi del calendario, alla pari di Madre Teresa o di Papa Giovanni XXIII. L’eletto può essere chiamato dall’oscurità più profonda e portato alla luce più gloriosa.
   
La beatitudine è certamente comune a tutti gli eletti. Si può immaginare, senza malevolenza, che molti di essi non siano dei santi e che possano rappresentare pertanto il secondo punto. Ma io invece rivendico, senza volermene vantare, una forma d’esclusività nella terza posizione.
   
Non voglio alludere, benché ne sia tentato, alla mia oscurità personale, poiché essa non ha colpito una giuria necessariamente infallibile, alla quale non dimostrerò mai sufficientemente la mia riconoscenza. Parlo piuttosto delle tenebre del Medio Evo. Sono esse che spiegano l’attribuzione, quest’anno, di uno dei Premi Balzan agli studi sulla letteratura europea tra l’anno 1000 e il 1500. Questo gesto sottolinea non solo che il Medio Evo è un’epoca fondamentale per la civilizzazione europea, bensì anche che le lettere medievali non si riducono a una regressione disastrosa rispetto a un apogeo antico, né tantomeno a dei rudimentali tentativi fatti alla cieca, in cui solo uno sguardo retrospettivo può individuare la promessa ancora incerta di sviluppi futuri.
   
Mi si può obiettare che il Medio Evo non ha alcun bisogno di essere difeso poiché è già da lungo tempo che non viene più attaccato. Una recente inchiesta condotta negli Stati Uniti rivela, a quanto pare, che è l’epoca del passato che attira e seduce maggiormente. In Francia, non esistono quasi più città prive della loro festa medievale, con un torneo, la viella a ruota, le cochonnaille e gli autoctoni travestiti. Re Artù e i cavalieri della Tavola Rotonda riprendono ogni giorno servizio nei film e nei romanzi storici. L’avvenire stesso sarà medioevale, a giudicare dall’immaginario della fantascienza.
   
Ma è precisamente tutto questo che attacca il Medio Evo. E’ contro tutto questo che esso deve essere difeso. Ma deve essere difeso? Non è il Medio Evo di per se stesso che ci importa. E’ il ruolo cruciale che esso ha giocato nello sviluppo della civilizzazione europea. E questo ruolo l’ha giocato tramite la profondità, lo splendore, la vitalità della sua vita intellettuale e delle sue lettere. Ciò che la nostra epoca non comprende, a proposito del Medio Evo come di tutti gli altri periodi del passato, è che la letteratura è la sola realtà che rimane in vita attraverso i secoli, la sola che possa ancora avere un effetto reale su di noi e sulla nostra vita. La moda, diffusa tra i romanzieri e i cineasti, è di ritrovare continuamente il vero Re Artù proiettandosi nel VI secolo, l’epoca in cui visse, se mai è veramente esistito, mentre la sua verità e la sua esistenza sono invece nei romanzi che lo fanno vivere, a partire dal XII secolo, e nella lezione che essi ci lasciano.
   
Il Medio Evo segna l’inizio della letteratura europea poiché ha visto nascere, con le lingue romanze, le letterature composte in queste lingue, mentre l’evangelizzazione, introducendo l’alfabeto latino, permetteva ai letterati germanici di accedere alla scrittura. Ma ha anche salvato le lettere antiche. Ha resistito alla tentazione di credere che la rivelazione cristiana le condannasse. Le ha lette e studiate con passione. Le ha copiate: non sono i pochi papiri pervenutici che ci permettono di conoscerle, bensì i manoscritti ricopiati instancabilmente dai monaci medioevali. Non ha mai cessato di nutrirsene. Il rinascimento umanistico non è che un rinascimento tra altri, susseguente al rinascimento carolingio e a quello del XII secolo. Il Medio Evo è fatto di una concatenazione di rinascimenti, ogni generazione rivaleggiava con le altre nell’ardore per giungere il più vicino possibile alla fonte antica.
   
La letteratura medioevale si concentra così, con un impressionante zelo applicativo, sulla scuola delle letterature antiche ma somiglia loro così poco. Essa è completamente nuova, giovane e non lo sa: il non saper misurare fino a che punto si sia giovani è il segno stesso della giovinezza. Le lingue giovani, una nuova poetica, un immaginario che si avventura in regioni esotiche e si nutre di meraviglie. Sta a noi pesare i componenti di questa sorprendente alchimia nelle sue proporzioni variabili e mutevoli.
     
Studiare la letteratura del passato significa trovarsi su un terreno in continuo movimento. Un oggetto difficile da conoscere, più difficile da comprendere che da conoscere, più difficile ancora da sentire che da comprendere. Che queste letterature, ovvero quelle dell’Europa medioevale, siano le nostre nel loro stadio embrionale o antico rende il loro approccio ancora più pericoloso, poiché la continuità tra loro e noi, che noi sentiamo a giusto titolo, ci nasconde delle profonde rotture, mentre ciò che a noi sembra estraneo a volte non lo è per niente o non ci sembra tale perché dimentichiamo il bene comune della cultura antica o biblica. Se riduciamo lo sforzo storico e filologico, questi testi lontani fuggono irrimediabilmente al di fuori della nostra portata. Se ci fissiamo eccessivamente su di essi, periscono e svaniscono tra le nostre mani. Eppure, ci importa molto di essi e in particolare di quelli che ci giungono dalla Francia medioevale. Questi testi sono in lingua d’oc e in lingua d’oïl, circolata in tutta l’Europa, senza  costrizioni e senza imperialismo. Sono stati adottati, adattati, imitati e molto rapidamente diversi allievi hanno superato il maestro. Essi hanno allora conosciuto la sorte che ogni maestro dovrebbe desiderare: sono stati quasi dimenticati benché continuassero ad agire in maniera profonda e segreta durante i secoli, sino a giungere a noi.

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