Regno Unito
Premio Balzan 2007 per il diritto internazionale dopo il 1945
Discorso di ringraziamento – Berna, 23.11.2007
Signor Consigliere Federale,
Membri della Fondazione Balzan,
Signore e Signori,
sono ancora incredula di essere qui davanti a voi per essere insignita di un Premio Balzan 2007.
La materia designata per il mio premio, il diritto internazionale dopo il 1945, è senza dubbio squisitamente ambigua. Il premio era per la persona che dal 1946 si è maggiormente distinta negli studi di diritto internazionale? O era per chi ha meglio compreso ciò che è accaduto nel campo della legge internazionale a partire dal 1946 (e che può serenamente trascurare tutto quello che accadde prima)? Oppure si tratta dell’applicazione, interpretazione e, forse, addirittura del ruolo svolto nello sviluppo del diritto internazionale durante gli ultimi sessant’anni?
Una cosa è sicura: se si tratta di un premio destinato alle attività puramente accademiche nell’ambito del diritto internazionale, certamente non sono io la persona giusta. Ma devo supporre che il Comitato Generale Premi sapesse quello che stava cercando, e sono sorpresa e grata in egual misura di essere qui questa sera.
Il diritto internazionale è una di quelle meravigliose discipline dove studio, insegnamento, un po’ di pratica e alcune sentenze – se una persona è eccezionalmente fortunata – si possono combinare.E io ho avuto questa enorme fortuna.
Gli anni dal 1946 al 2007 hanno fornito un terreno fertile per tutti questi aspetti del diritto internazionale. Mi sento eccezionalmente fortunata ad aver partecipato negli ultimi quarantacinque anni – insieme ad altri colleghi meravigliosi che avrebbero potuto benissimo essere i vincitori del Premio Balzan 2007 – a quest’epoca molto stimolante.
Quando mi chiedono – e accade spesso – quale di questi svariati aspetti della mia vita nel diritto internazionale mi sia piaciuto di più, trovo veramente impossibile rispondere. Ho amato ognuno di essi. Ho amato la ricerca e la scrittura, l’insegnamento a giovani brillanti provenienti da tutto il mondo (anche se non sempre ho amato correggere i loro compiti) e apparire di fronte alle corti nazionali e internazionali. Negli ultimi dieci anni sono passata dal ruolo di bracconiere a quello di guardiacaccia, poiché ora giudico in quello stesso importante Tribunale dove, quando ero membro del collegio di difesa, il mio cuore era abituato a battere così forte che ero sicura ogni giudice potesse udirlo. E mi sono resa conto che il ruolo del giudice sembra calzarmi a pennello.
Il diritto internazionale non è una mera normativa. Le “norme” sono solo un accumulo di decisioni prese nel passato. E se il diritto internazionale si limitasse a essere un insieme di “norme”, non sarebbe in grado di contribuire alla soluzione dei problemi di un mondo in evoluzione né di contribuire a migliorarlo. Affidarsi meramente alle norme – decisioni accumulate nel passato – quando il contesto in cui furono articolate è cambiato, non solo assicura che il diritto internazionale non sarà in grado di trovare soluzioni ai problemi di oggi, ma, addirittura, che non verrà osservato, perché considerato irrilevante.
Un mio famoso predecessore britannico alla Corte Internazionale di Giustizia, Sir Hersch Lauterpacht, rigettò con ragione la nozione secondo cui il compito del giudice è “trovare la norma appropriata in maniera imparziale”. Il giudice, egli sosteneva, “non trova norme” ma piuttosto “compie delle scelte” – e scelte “non tra istanze totalmente legittime e istanze che non hanno alcun fondamento, bensì fra istanze che presentano diversi gradi di validità”.
Le norme asseriscono di essere indipendenti dalle valutazioni. Il diritto internazionale, invece, è un sistema normativo che ha come scopo il raggiungimento di valori comuni – valori che parlano a tutti noi, ricchi e poveri, bianchi o neri, di una qualsiasi religione o di nessuna, originari di paesi in via di sviluppo o industrializzati.
Le ricerche che questo premio meravigliosamente generoso renderà possibili (e che mi terranno ben lontana dai corsi di golf che continueranno ad attendermi invano ogni volta che esco dalla Corte), saranno indirizzate alla preparazione di uno studio su tutti gli aspetti del diritto internazionale che riguardano le Nazioni Unite, che dovrà essere esaustivo dal punto di vista accademico e utile anche ai professionisti del diritto, compresi i consulenti legali dei governi. Questo studio affronterà non solo l’architettura dei principi giuridici fissati dalla Carta delle Nazioni Unite, ma anche la normativa com’è realmente oggi, incluse le anomalie che sono emerse nella prassi dell’Onu a partire dal 1946. Penso che sia una cosa fantastica che questo premio preveda il coinvolgimento di giovani studiosi in una ricerca così stimolante. Non vedo l’ora di iniziare a lavorare con un piccolo gruppo di studenti selezionati a questa grande avventura.
Infine, vorrei nominare anche i miei genitori in questo breve discorso di ringraziamento, perché il loro entusiasmo verso tutto ciò che ho fatto è sempre stato il miglior incoraggiamento che una persona giovane potesse ricevere; e ringrazio anche mio marito, la cui tolleranza e sostegno sono ormai leggendari. E chi tra di noi è assorbito in ricerche intellettualmente appassionanti, sa bene che sono i nostri bambini a costringerci, con la loro allegria, a vivere anche in mondi lontani dal nostro.
Con queste parole ripeto la mia gratitudine e apprezzamento nei confronti di questo straordinario premio.