USA/Taiwan
Premio Balzan 2003 per la genetica e l'evoluzione
Discorso di ringraziamento – Berna, 07.11.2003
Gentile Vicepresidente del Consiglio Federale Elvetico,
Membri della Fondazione Balzan,
Membri del Comitato Generale Premi,
Signore e Signori,
Mi sento particolarmente onorato e incoraggiato per essere stato scelto quale Premiato Balzan 2003 per la genetica e l’evoluzione. Ho iniziato come ingegnere e matematico e mai avrei immaginato allora che un giorno avrei ricevuto questo prestigioso premio per la biologia. In questa occasione speciale vorrei ringraziare il Dr Masatoshi Nei, che mi ha introdotto nel campo della biologia evolutiva, e il mio tutor di dottorato Dr Wendell Fleming, che ha sostenuto le mie ricerche di applicazioni in biologia al tempo in cui ero studente alla Brown University.
Sono una persona avventurosa. All’università ho cominciato con l’ingegneria e con la geofisica come studente di dottorato. Dopo essere andato alla Brown ho fatto ricerca in matematica applicata per il mio PhD e nella seconda estate (1970) ho incontrato il Dr Nei che mi ha introdotto alla genetica delle popolazioni. Mi sono reso immediatamente conto che la genetica è una materia affascinante in quanto è intimamente legata ai misteri della vita. C’erano indubbiamente numerosi problemi che costituivano una sfida per un matematico ed ero felice di aver scelto questo indirizzo per la mia ricerca. La mia è stata una scelta fortunata perché la genetica e la biologia molecolare erano in grande espansione negli anni settanta, con la produzione di una grande quantità di dati per condurre ricerche sulla genetica delle popolazioni e sull’evoluzione molecolare. Nel 1980 ho constatato che si era accumulata una quantità considerevole di dati sulla sequenza del DNA e ho deciso di dedicare la maggior parte del mio tempo allo studio dell’evoluzione della sequenza del DNA. Tenendo in grande considerazione la forza dei dati sulla sequenza del DNA per dedurre informazioni sulla storia evolutiva, ho sviluppato molti metodi per utilizzare le sequenze del DNA per la ricostruzione dell’albero filogenetico e per stimare l’affidabilità statistica degli alberi dedotti. Ho inoltre sviluppato metodi per le analisi comparative dei dati sulla sequenza del DNA e proteinica necessarie per dedurre i processi e i meccanismi dell’evoluzione molecolare. Tali metodi sono stati largamente usati da scienziati nel mio campo, e anzi alcuni ne sono diventati i metodi standard.
Con mia grande soddisfazione il mio lavoro sugli orologi molecolari ha ricevuto ancor più attenzione. Un orologio molecolare si riferisce al tasso di sostituzione di aminoacidi nell’evoluzione di una sequenza proteinica o al tasso di sostituzione del nucleotide nell’evoluzione di una sequenza di DNA. L’ipotesi dell’orologio molecolare postula che il tasso di evoluzione molecolare è costante tra le ascendenze evolutive. Quando venne proposto nel 1965 da Zuckerkandl e Pauling fu accolto in maniera molto controversa ma anche con grande interesse perché se le sequenze proteiniche si sono evolute a tassi costanti esse sarebbero oltremodo utili per datare i tempi di divergenza delle specie e altri eventi evolutivi. Negli anni settanta c’erano molti strenui difensori di tale ipotesi e pertanto essa venne largamente accettata e utilizzata. Ho pensato che i dati sulla sequenza del DNA sarebbero stati ottimi materiali per riesaminare tale ipotesi e nel 1985 io e il mio collega Chung-I Wu abbiamo usato una quantità significativa di dati sulla sequenza del DNA per dimostrare che il tasso di sostituzione del nucleotide nell’ascendenza dei roditori è di almeno due volte più alto di quello dell’ascendenza dei primati e ciò ha portato a confutare l’ipotesi di un orologio globale per tutti i mammiferi. Nel mio articolo del 1987 su Nature e in altri articoli successivi, io e miei colleghi abbiamo stimato che il tasso di sostituzione del nucleotide è di circa cinque volte più alto per i roditori che per i primati superiori. Abbiamo inoltre mostrato che il tasso rallentava durante l’evoluzione da scimmie a esseri umani. Queste osservazioni davano sostegno all’ipotesi dell’effetto del tempo di generazione, la quale postula che il tasso di evoluzione molecolare è più lento negli animali con generazioni lunghe che negli animali con generazioni brevi. Questi risultati hanno risolto in larga parte la controversia sull’ipotesi dell’orologio molecolare e hanno stimolato lo sviluppo di metodi migliori per stimare i tempi di divergenza delle specie.
Sul finire degli anni ottanta ho deciso di costituire un laboratorio di biologia molecolare in modo da poter ottenere dati molecolari per rispondere ad alcune questioni intriganti. Una di queste era l’ipotesi della cosiddetta evoluzione su spinta maschile secondo la quale il tasso di mutazione è più alto nei mammiferi maschi che nelle femmine. Si trattava di un argomento scottante non solo per la sua rilevanza per il meccanismo della mutazione ma anche per l’ipotesi sull’effetto del tempo di generazione qui sopra discussa. Con una serie di paper, i miei colleghi e io abbiamo mostrato che il tasso di mutazione nei maschi umani è di circa sei volte più alto che nelle femmine. Nei roditori, tuttavia, il tasso è di solo due volte più alto. I nostri risultati non solo danno sostegno all’idea di un’evoluzione su spinta maschile ma sono anche in accordo con le aspettative dovute all’ipotesi sull’effetto del tempo di generazione, vale a dire che il rapporto maschio-femmina del tasso di mutazione dovrebbe essere più alto negli organismi di lunga vita come gli umani, visto che ci sono molti più passaggi di divisione delle cellule germinali, che non negli animali di vita breve come i roditori. Inoltre i nostri risultati ci fanno pensare che gli errori durante la replicazione del DNA nella linea germinale sono la fonte primaria di mutazione e sostengono l’idea che non vi sia un orologio molecolare globale nei vertebrati.
Con l’avvento dell’età del genoma i miei interessi si sono rivolti alla genomica evolutiva e alla bioinformatica. I dati sul genoma offrono un’opportunità senza precedenti per esaminare l’evoluzione molecolare su scala assai più grande che non con i dati tradizionali. Ad esempio mi interesso all’evoluzione dei geni duplici fin dagli anni settanta perché la duplicazione dei geni è da tempo riconosciuta come la fonte primaria di novità genetiche. Ora la disponibilità di dati genomici ci permette di porre domande quali “Quanto frequentemente e quanto velocemente divergono i geni duplici?” Mi sono inoltre interessato alla predizione dei geni umani perché non è ancora chiaro quanti geni ci siano nel genoma umano. In generale sviluppiamo metodi per analizzare i dati genomici e per condurre analisi sistematiche dei dati.
E’ stata e continua a essere una carriera davvero entusiasmante e ricca di soddisfazioni. Per questo ringrazio i miei studenti e i miei colleghi di postdottorato, passati e presenti, per il loro sostegno e per i loro contributi al laboratorio, e i miei mentori per la loro guida. In particolar modo ringrazio mia moglie Sue-Jean e i miei figli Vivian, Herman e Joyce per il loro sostegno e per aver sopportato per tanti anni che mi nascondessi nel mio ufficio o dietro montagne di carta. Adoro fare ricerca e trovo che riempia la vita di soddisfazioni. Il premio Balzan, oltre a offrirmi incoraggiamento, mi permette di approfondire ulteriormente i miei studi.
E’ lunga la strada che ha portato un ragazzino di un piccolo villaggio rurale di Taiwan fino a divenire uno dei vincitori del Premio Balzan, e ringrazio di cuore la Fondazione Balzan per aver ricompensato i miei sforzi.